Quando: 20/05/2022 - 21/05/2022 | 20:45
Dove: Sala Scicluna - via Martorelli 78 (interno cortile) - Torino
VEN 20 – SAB 21 MAGGIO – ORE 20:45
Presso SALA SCICLUNA
Ho amato il figlio della serva
Uno studio da La Signorina Julie di August Strindberg
Uno studio da La Signorina Julie di August Strindberg
Con Lorenzo Beatrice, Manuela Marascio e Daniela Pezzana
Siamo in una cittadina svedese di fine Ottocento, nel pieno della Notte di San Giovanni, festa di pagana memoria, in cui le gerarchie si assottigliano per far emergere pulsioni normalmente taciute per pudore. In questo sabba ubriaco, dove il popolare e la nobiltà si mescolano, avviene l’incontro tra Julie, contessina cresciuta con tutti i crismi della mascolinità, e Jean, servo scaltro e arrivista.
Il pretesto scenico per l’avvicinamento tra i due è di matrice sessuale, un’attrazione quasi animale della giovane nobile per il suo sottoposto, raffinato e maschio, fidanzato con la cuoca Kristina, qui simbolo di virtù, morigeratezza e ordine morale. Ma quello che potrebbe sembrare il più classico dei triangoli amorosi si piega al ritmo ossessivo delle danze dionisiache che irrompono dall’esterno, un sussurro che diviene grido materializzando i desideri più nascosti.
Un dramma a tinte fosche e incalzante, che si chiude lasciando in sospeso il giudizio e la morale; un’opera che sottolinea la maestria di Strindberg nel mettere a nudo i violenti meccanismi dei rapporti umani.
Gli attori ne propongono qui un adattamento, che si mantiene fedele agli intenti naturalistici del drammaturgo ma ne attualizza la trama, acuendo il gioco al massacro tra i protagonisti nel segno di un gender gap da annullare una volta per tutte.
Nato come studio degli attori sui personaggi di Strindberg, l’allestimento di Ho amato il figlio della serva prende forma all’interno di una cucina-scuderia dove il pubblico è invitato a entrare con provocatorio intento voyeuristico. La tensione che a poco a poco si sviluppa tra i tre segue così lo stesso ritmo di un seduta ippica, dove dominatori e schiavi si scambiano i ruoli tra sferzate di frusta e bicchieri di vino.
Il pretesto scenico per l’avvicinamento tra i due è di matrice sessuale, un’attrazione quasi animale della giovane nobile per il suo sottoposto, raffinato e maschio, fidanzato con la cuoca Kristina, qui simbolo di virtù, morigeratezza e ordine morale. Ma quello che potrebbe sembrare il più classico dei triangoli amorosi si piega al ritmo ossessivo delle danze dionisiache che irrompono dall’esterno, un sussurro che diviene grido materializzando i desideri più nascosti.
Un dramma a tinte fosche e incalzante, che si chiude lasciando in sospeso il giudizio e la morale; un’opera che sottolinea la maestria di Strindberg nel mettere a nudo i violenti meccanismi dei rapporti umani.
Gli attori ne propongono qui un adattamento, che si mantiene fedele agli intenti naturalistici del drammaturgo ma ne attualizza la trama, acuendo il gioco al massacro tra i protagonisti nel segno di un gender gap da annullare una volta per tutte.
Nato come studio degli attori sui personaggi di Strindberg, l’allestimento di Ho amato il figlio della serva prende forma all’interno di una cucina-scuderia dove il pubblico è invitato a entrare con provocatorio intento voyeuristico. La tensione che a poco a poco si sviluppa tra i tre segue così lo stesso ritmo di un seduta ippica, dove dominatori e schiavi si scambiano i ruoli tra sferzate di frusta e bicchieri di vino.
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