Il quartiere Barriera di Milano si trova nella zona nord di Torino, ed è un quartiere ottocentesco sorto in conseguenza dello sviluppo industriale della capitale sabauda. Alcuni allievi del Liceo Einstein di Torino, indirizzo Scienze Umane, hanno partecipato nella primavera 2022 ad un progetto (PCTO Laboratorio con Testimoni del Territorio) di scoperta del territorio e delle sue emergenze attraverso la visita e la conoscenza di edifici, storie, associazioni e persone che sono presenti in questa zona di Torino.
Vi presentiamo i sei percorsi attraverso le strade d Barriera di Milano, con una mappa interrogabile e tutti i riferimenti. I percorsi, a piedi, hanno una durata di 2 ore circa.
Qui è possibile accedere ai percorsi PERCORSO 1 – PERCORSO 2 – PERCORSO 3 – PERCORSO 5 – PERCORSO 6
PERCORSO 4 LE LOTTE PARTIGIANE IN BARRIERA DI MILANO
Il quartiere contribuì in maniera significativa alla lotta di liberazione. Molte donne e uomini, operai nelle fabbriche del quartiere, morirono per la democrazia. L’itinerario tocca i luoghi di lavoro e di lotta e le lapidi che ricordano le partigiane ed i partigiani.
La fabbrica Wamar
Il percorso ha inizio in corso Vigevano, nella sede dell’ex azienda dolciaria Wamar, il cui nome è l’acronimo delle iniziali del suo fondatore, Walter Marchisio. La Wamar era famosa per i biscotti della salute. La fabbrica era dotata di un refettorio e di una sala medica. A dimostrazione del suo sentimento filantropico, il fondatore creò anche un asilo all’interno della fabbrica per agevolare le donne che vi lavoravano. La Wamar venne chiusa nel 1980. Alla smantellamento dell’intera struttura, come ricordo, venne creato un piccolo giardino con all’interno una lettera dell’alfabeto, ovvero la W, che è l’iniziale del fondatore e della fabbrica.
Il mutualismo operaio e le cooperative di consumo
All’interno delle fabbriche i lavoratori iniziarono ad organizzarsi per prestarsi vicendevolmente aiuto . Sorgono le prime forme mutualistiche. La città di Torino è all’avanguardia in questo campo, infatti detiene ben tre primati italiani. Primo primato (1708): prima società di mutuo soccorso (SOMS), degli orefici di Torino. Secondo primato (1884): prima cooperativa di produzione femminile. Terzo primato (1853): prima cooperativa di consumo di lavoratori che acquistavano collettivamente gli alimenti e li rivendevano ai soci, al p”prezzo di costo”, eludendo l’applicazione del dazio ( Associazione Generale degli Operai). L’ACT, Alleanza Cooperativa Torinese, nacque il 1 Maggio 1899, dall’aggregazione tra AGO e la Società Cooperativa Ferroviaria. Essa, a inizio novecento, era la terza cooperativa di tutta Italia. All’interno della cooperativa si vendevano i beni al “minor costo” e i guadagni venivano redistribuiti ai soci in proporzione agli acquisti fatti. Questo sistema di matrice rochdaliana veniva chiamato ‘ridistribuzione dei dividendi’. L’ACT attraversa il Novecento e si modella sulle sue vicende storiche e politiche, trasformandosi ed adattandosi ai tempi, fino a promuovere la nascita di negozi e supermercati Coop Piemonte poi Nova Coop.
Il mulino dell’ACT
L’ex mulino dell’ACT si trova tra corso Vigevano e via Parella. La sua costruzione è attestata nell’Ottocento e viene acquisito dall’ACT nel 1917. Il mulino è l’unico impianto di questo tipo di proprietà della cooperativa e fornisce la materia prima per la produzione di pane e pasta, che avviene nei laboratori e nei forni del sodalizio. Nel 1933 viene costruito un fabbricato per ospitare il forno per la produzione del pane e viene ampliato il mulino. Alla cessazione dell’attività, alla fine degli anni Sessanta, lo stabile viene riconvertito ad uso artigianale, commerciale e di servizi, utilizzo che mantiene tuttora.
La FIAT Grandi Motori (OGM)
Sall’altra parte di corso VIgevano sorge la FIAT GRANDI MOTORI (OGM) che è un immenso complesso industriale che occupa un isolato tra corso Vercelli, corso Vigevano, via Cuneo e via Pinerolo. Fu costruito con la tecnica del calcestruzzo armato e la facciata su corso Vercelli, opera di Mattè Trucco, ricorda molto quella del Lingotto tanto che viene chiamato anche “Il Lingottino”. Al suo interno, durante la seconda guerra mondiale, operarono molti partigiani con attività clandestina e di sabotaggio. L’OGM fu bersaglio di numerosi attacchi aerei durante la Seconda guerra mondiale poiché era diventata un’industria bellica.
-Tra il 12 e il 13 luglio del 1943 caddero sulla fabbrica circa 25 bombe e 130 spezzoni incendiari che causarono un danneggiamento a diversi reparti di essa.
-L’8 agosto 1943 furono colpiti il capannone per il montaggio dei motori e i capannoni della sezione Fiat Industrie Metallurgiche e Acciaierie.
-Tra il 13 e il 16 agosto del 1943 lo stabilimento fu di nuovo bersaglio delle bombe che però causarono conseguenze ben più serie alle abitazioni civili della Barriera di Milano (centinaia di case in fiamme e cadaveri sotto le macerie). Lo stesso giorno i lavoratori dell’OGM, stufi dei continui bombardamenti, entrarono in sciopero e chiesero un colloquio con il generale Adami-Rossi chiedendo la pace. Egli rispose: “Bisogna avere pazienza e soprattutto non si facciano scioperi”. Le maestranze uscirono dalla fabbrica scontrandosi con i reparti militari causando il ferimento di 7 operai.
-Il 19 agosto, di conseguenza, le fabbriche cittadine proclamarono uno sciopero generale supportati da tranvieri, artigiani e commercianti.
All’interno dell’azienda, agirono a partire da marzo 1944 le S.A.P. di stabilimento che collaborano con antifascisti e il clandestino Cln aziendale (un totale di 20 squadre che impiegano circa 200 uomini supportati nelle loro attività da un buon numero di operai).
Le lapidi dei partigiani
La prima lapide che abbiamo visto si trova in Corso Novara 13 ed è dedicata a Giuseppe Verna. Egli nacque il 19 marzo 1910 a Torino e fu operaio alla Fiat Fonderie Ghisa (nell’OGM). Nel 1944 aderì alla brigata Sap e nel 1945 con un gruppo di compagni armati, interruppero uno spettacolo al cinema teatro Adua, incitando a partecipare allo sciopero del 18 aprile. In seguito fu denunciato da una spia, arrestato e ucciso nella notte.
La seconda lapide si trova in corso Giulio Cesare angolo corso Novara a Torino e ricorda il sacrificio di Ilio Baroni. Egli nacque a Massa Marittima, il 25 maggio 1902 e morì il 26 aprile 1945 a Torino. Lavorò alla Fiat Ferriere come operaio. Nel 1938 fu incarcerato e condannato a cinque anni di esilio. Tornato in libertà, diventò membro del Comitato di Agitazione torinese. Con il nome di battaglia “Moro”, era diventato durante la Resistenza, il comandante della 7a brigata SAP “De Angeli”. Ilio Baroni fu inoltre un anarchico.
La terza lapide osservata è stata eretta in onore di Antonio Banfo e di suo cognato Salvatore Melis. Egli nacque a Torino il 23 febbraio 1900 e fu ucciso dai repubblichini il 19 aprile 1945, sempre a Torino. Antonio Banfo, operaio alla Grandi Motori e comunista evangelico, fu un uomo che mantenne uno spirito profondamente religioso nonostante la moltitudine di uomini atei. Nel 1945 alla fabbrica Grandi Motori esplose lo sciopero generale e gli operai uscirono dagli stabilimenti. Non appena si sentì il suono della sirena, segnale classico e collaudato, nel cortile dello stabile di via Cuneo entrarono le milizie fasciste guidate dal colonnello Cabras. Essi costrinsero gli operai a rimanere dentro l’edificio, perché erano vietate ogni forma di sciopero e manifestazione. Cabras obbligò gli operai a riprendere il lavoro, ma la risposta operai fu ferma e decisa. A questo punto Banfo si fece portavoce delle motivazioni politiche ed economiche dello sciopero. Nonostante l’arrivo dei fascisti egli continuò, ma gli operai non riuscirono ad uscire dalla fabbrica a causa dei carri armati che occupavano l’ingresso di via Cuneo. Alla fine del turno di lavoro, molti operai consigliarono a Banfo di non tornare a casa ma lui rifiutò. La sera stessa venne ucciso insieme a Melis.
L’ultima storia riguarda l’assassinio di parte della famiglia Arduino, che abitava nei pressi di via Bologna. Una lapide situata in corso Belgio 46 a Torino ricorda Gaspare Arduin, il padre, nato il 29 aprile 1901. Egli fu un’antifascista e lavorò come operaio alle Acciaierie Fiat. Svolse azioni di propaganda per il movimento partigiano e contribuì all’organizzazione delle SAP (Squadre di azione patriottica). Nel 1945 fu prelevato dalla sua abitazione insieme alle due figlie, Libera e Vera, appartenenti ai gruppi di difesa della donna. Alla casa del Littorio fu torturato e ucciso in corso Belgio, invece le figlie furono uccise dalle Brigate Nere nei pressi del canale della Pellerina. Libera era Sappista della 20a brigata cittadina mentre Vera era operaia presso la fabbrica Wamar.
L’ultima tappa delle lapidi si conlcude in Cascina Marchesa. La Cascina Marchesa si trova in Corso Vercelli e fu ristrutturata nel 1978. Situata nei pressi della strada di Corso Vercelli, la cascina conosciuta come la Florita, o la Marchesa, era considerata già nel Settecento una delle più belle e ricche di Torino. La storia di questa cascina inizia intorno al XVI secolo: apparteneva al feudo dei Marchesi Wilcardel de Fleury, un’antica famiglia nobile della Piccardia francese. Il primo documento storico che parla di questa cascina, è del 1677 ed è l’atto con cui Cristina Carlotta l’acquista dal fratello Franco Giuseppe, marchese di Fleury. Il documento fornisce informazioni preziose sulla cascina, formata da un grande complesso architettonico con scuderie, due stalle, pollaio, granaio, colombari e forno. Il cortile interno ha due depositi e un pozzo d’acqua; la parte abitabile ha cantine voltate, un piano terreno con cucina e dispensa, una serie di stanze tra cui, la più grande, ha quattro finestre. Ci sono inoltre due giardini esterni difesi dalle mura: in uno ci sono alberi da frutta, nell’altro una cappella. Intorno vari ettari di prati e campi coltivati. Durante l’assedio di Torino del 1706, però, il complesso subisce gravi danni: l’armata francese demolisce la fabbrica e i muri di cinta. Quando la cascina si trovava ormai in stato di avanzato degrado, il Comune di Torino, acquisisce i terreni dando inizio a una serie di lavori di recupero e restauro, nel 1978. Nel 1981 l’edificio diventa sede della Biblioteca civica decentrata “Cascina Marchesa”, dell’auditorium Mario Borghi e di un centro culturale. La cascina, ad oggi, si presenta con la facciata di un tempio greco. Con colonne in muratura, capitelli dorici e trabeazioni in pietra.
Il giardino al suo interno presenta una lapide dedicata ai caduti della Fiat Grandi Motori, tra cui Gaspare Arduino.
I testimoni attuali: l’ANPI Co.Mu.Net. ed il mutualismo odierno
Il percorso si conclude presso il circolo Arci “Risorgimento”. Roberto Martin, membro dell’associazione ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani), ha raccontato la storia di questo circolo storico di Barriera fondato nel 1950 da ex-partigiani che credevano nel sistema cooperativo. Qui ha sede la sezione ANPI Roberto Martorelli. https://www.anpitorino.it/ . Roberto ha illustrato gli eventi che si svolgono presso il circolo, in particolare “Libera e Vera”, la manifestazione per il 25 aprile.
Sempre presso il circolo risorgimento opera un’ altra associazione: “Co.Mu.Net-officine corsare”. Essa è un’associazione mutualistica che offre diversi sportelli per le persone che riscontrano delle difficoltà (e che hanno il coraggio di chiedere aiuto) in svariati ambiti. Questi sportelli possono essere di consulenza psicologica, ripetizioni scolastiche, educazione finanziaria, corsi di lingua ed informatica e tanto altro. Anche questa associazione organizza vari eventi dove si trattano argomenti attuali o di tipo educativo.
Testi dell’itinerario elaborati dagli allievi della 3a del Liceo Scienze Umane Einstein di Torino. Revisione arch. Daniela Re. Tutor Dott.ssa Barbara Bertola.